Bellezza e disabilità: una sfida ancora aperta

share on:

intervista a Benedetta Cariati a cura di Silvia Lisena

In questi ultimi tempi si è parlato abbastanza di disabilità: apparizioni al Festival di Sanremo, film, libri... Ma se si parla di bellezza, ecco che ci si ritrova ancora a sbattere contro una porta chiusa. La bellezza è inclusiva ma circoscritta: ci sono, infatti, concorsi appositi per far vedere che una carrozzina o qualsiasi altra disabilità non impedisce alla persona di essere attraente. È cosa buona e giusta. Ma cosa succede se si volesse scavalcare questo “limite”, se una ragazza con disabilità aspirasse a gareggiare assieme ad altre ragazze senza disabilità in un concorso che risponde al nome di Miss Italia? Era il coraggioso obiettivo di Benedetta Cariati, ventiduenne fiorentina (ma residente in Inghilterra) con disabilita motoria e studentessa di Lingue e Letterature straniere, che ci ha gentilmente raccontato tutta la vicenda.

Come è nata l'idea di provare a partecipare a Miss Italia pur avendo una disabilità?

Ho sempre seguito il concorso di Miss Italia fin da quando ero piccola: mi divertiva guardare tutte quelle ragazze che sfilavano e mi ricordo che chiedevo sempre a mia nonna se, una volta cresciuta, avrei potuto farlo anche io, e lei cercava ogni volta di spiegarmi che sarebbe stato difficoltoso per me ma che comunque avrei fatto tantissime altre belle cose. In effetti, tanti potranno dire “Ma che ti importa? È solo uno stupido concorso di bellezza”... beh, per certi versi è così, ma ho deciso di partecipare innanzitutto perché comunque era un piccolo desiderio che avevo da sempre, poi mi son detta: “Perché no?! Alla fine è come andare su una giostra”. Inoltre, ispirandomi alla storia di Rossella Fiorani (Miss Coraggio 2016), avrei voluto anche io lanciare un altro bellissimo messaggio di inclusione sociale, dimostrando, attraverso la mia storia, che le persone con disabilità dovrebbero imparare a non vergognarsi dei propri difetti fisici e che ciò le aiuterebbe sicuramente ad accettarsi e ad affrontare meglio la società che le circonda, oltre al fatto che è necessario un cambiamento dell’immagine dei disabili nei media. Tramite la mia partecipazione avrei cercato di far capire anche l’importanza di abbandonare certi canoni estetici troppo rigidi, tramite i quali il concorso più che Miss Italia si potrebbe chiamare “Miss modella italiana” perché, anche se non esplicitamente specificato in partenza (sul sito web), alla fine i requisiti necessari sono sempre gli stessi: altezza, fisico statuario e la cosiddetta “faccia televisiva”. Invece, secondo me, sarebbe importante diffondere un’immagine femminile più positiva, ossia quella di una ragazza “normale”, bella certamente, ma non irraggiungibile… insomma più genuina, che meglio rispecchia le ragazze nella realtà.

Quali sono stati i riscontri che hai ricevuto?

I riscontri non sono stati positivi… Infatti, se da un lato il comportamento dell’agente regionale della Lombardia è stato assolutamente corretto in quanto mi ha negato la partecipazione sulla base del fatto che, secondo lei, non ho i canoni estetici adeguati, dall'altro invece la redazione nazionale ha avuto un atteggiamento assolutamente discriminatorio nei miei confronti: mi ha negato la partecipazione a causa della mia disabilità, attaccandosi per esempio al fatto che non tutti i palchi dove si svolgono le selezioni sono sicuri e questo avrebbe potuto rappresentare un rischio per me. Se da un lato comprendo le ragioni dell’agente regionale perché so bene quali sono i miei limiti estetici (anche se comunque la bellezza è soggettiva), le motivazioni fornite dalla redazione sono inaccettabili e dimostrano che, in fondo, nessuno ha intenzione di prendersi la responsabilità di farmi partecipare.

Alla luce della tua esperienza, pensi che, nonostante tutto, potrà mai esserci una reale inclusione in questo mondo?

Penso che sia molto difficile parlare di inclusione in questo mondo, perché purtroppo sono ancora rari i casi nei quali i disabili ne sono coinvolti: quindi sì, effettivamente è possibile, ma bisogna fare ancora tanti passi in avanti. Io penso positivo perché anche questo settore influenza in un certo senso la società, quindi assolutamente non può ignorare l’importanza di fornire messaggi di inclusione.

Ritratto di gruppodonneuildm

gruppodonne