Contributi di chi ha partecipato

Un clima amichevole

Claudia Quaglieri

Salve a tutti!

Sono Claudia e ho partecipato agli incontri del gruppo donne a Lignano lo scorso maggio ed era la prima volta che venivo all’Assemblea nazionale. Mi ha favorevolmente colpito la disinvoltura e il clima amichevole e confidenziale che mi ha accolto: mi sembrava di conoscere già i partecipanti e le coordinatrici del gruppo donne. I racconti di vita aperti e la condivisione delle problematiche mi hanno aiutato a sentire meno solitudine nell’affrontare la vita e le difficoltà quotidiane di donna e figlia disabile. Allo stesso tempo ho apprezzato di più i miei genitori e il mio fidanzato, il loro atteggiamento rassicurante e protettivo ma che mi ha lasciato sempre libera di scegliere e anche di sbagliare senza per questo essere in qualche modo “punita” da atteggiamenti egoistici o limitanti. Nell’adolescenza ho sofferto le umiliazioni e l’emarginazione dei coetanei e anche di qualche adulto, ma ho anche incontrato persone che hanno apprezzato la mia personalità che si stava formando e hanno stimolato la mia voglia di conoscere e imparare. Così attraverso la scuola e poi il lavoro ho potuto trovare un ruolo di donna che mi ha dato molte soddisfazioni. Mentre la mia crescita sentimentale e affettiva a livello di coppia è stata più difficile e lunga, costellata anche da epiloghi piuttosto spiacevoli e accadimenti a volte tragici, che hanno più volte destabilizzato la mia autostima e minato la voglia di vivere. Ma il tempo e le esperienze per quanto siano state difficili mi hanno dato modo di incontrare quasi due anni fa Davide, il mio attuale fidanzato, presente anche lui agli incontri, che mi ha reso orgogliosa del suo comportamento equilibrato e semplice, quello di uomo che si è avvicinato con dolcezza, rispetto e curiosità ai racconti di altre donne con handicap. L’imbarazzo di parlare del nostro rapporto è stato superato velocemente e ci siamo sentiti fortunati a vivere un rapporto spontaneo e generoso. Spero di aver lasciato almeno l’idea che nella vita si può essere in tanti modi e in qualsiasi momento molto felici e che bisogna cercare la propria strada senza mai demordere, però guardando di più verso gli altri e meno verso il proprio handicap.

Un caro saluto.  

Un cambio radicale

Roberta Scaffardi

L’handicap non l’ho incontrato, l’handicap fa parte di me, sono quella che sono perché sono disabile, perché questa situazione mi ha potato a vivere una vita diversa da quella di chiunque altro, perché le mie scelte le ho fatte partendo sempre dalle limitazioni che il mio handicap mi impone.

Non sono solo restrizioni legate alla mobilità, ma anche limitazioni culturali del mondo intorno a me. Che stanno diminuendo, vero, ma nei miei cinquant’anni qualcosa ho visto e vissuto.

Ho partecipato all’incontro di Lignano, sono arrivata a riunione già iniziata e non sono riuscita appieno a entrare nell’argomento, e me ne dispiace, sicuramente avrei potuto essere più partecipe e portare meglio la mia esperienza.

Sono stata moglie ed ora convivo: la mia esperienza?

Sono cresciuta in un ambiente pieno di uomini, i miei gestivano un bar, e ho imparato a relazionarmi meglio con loro che con le donne, più passavano gli anni e più mi annoiavano le “amiche”, molto probabilmente perché io non vivevo le loro esperienze e di conseguenze non avevo di che parlare con loro. Questo non vuol dire che non ho amiche, ma che spesso le donne diventano, soprattutto quando si sposano e diventano madri, persone chiuse all’esclusivo pensiero dei figli e della casa, gli argomenti restano fissi e il mondo esterno non esiste.

Ma torniamo agli uomini… sono stata sposata per tredici anni con un uomo normodotato che mi ha corteggiato e voluto fortemente, siamo stati felici, abbiamo condiviso tanti interessi e lavorato insieme per viverli  appieno, lui da persona non disabile, io da persona disabile.

Purtroppo un giorno si è ammalato e se ne è andato, sono rimasta sola con un grande vuoto e ho cambiato vita, radicalmente. Ho lasciando il paesino di campagna e la casa, dove vivevo con lui, trasferendomi in città, prima sono stata in un centro residenziale per disabili, ma poi ho dovuto prendere la decisione di uscirne per l’impossibilità di vivere degnamente in tale centro. Ho affittato un appartamento, assunto una badante e sono andata a vivere da sola, con mille difficoltà, cambiando tre badanti prima di trovarne una meno peggio delle altre, cercando di far quadrare il bilancio famigliare, lottando per mantenere il lavoro.

Essendo una persona aperta verso gli altri a cui piace relazionarsi con il prossimo ho iniziato a conoscere persone su una chat, uomini che sono diventati amici o amanti, tanti e tutti diversi, quasi esclusivamente uomini più giovani di me, uomini a volte in difficoltà, a volte soli, chi con la sola curiosità della donna disabile, chi in cerca del solo rapporto sessuale, chi in cerca di una mente ragionante con cui poter parlare ed essere ascoltati. Non sono attraente, ho la distrofia e vivo in carrozzina, ma sono “pensante”, ironica, allegra e passionale e queste caratteristiche hanno prevalso sull’aspetto fisico, per questo quando amici disabili imputano alla disabilità la loro solitudine sentimentale e sessuale mi fanno rabbia, perché non è così, la mente, il coinvolgimento della mente è la forza più grande, l’afrodisiaco più possente.

Diversi uomini mi hanno detto che gli piaceva far l’amore con me perché, nonostante le mie limitazioni di movimento, riuscivo a dar loro molta più emozione ed eccitazione di donne “sane”.

Così un giorno ho conosciuto un uomo in chat che diventò un amico e un maestro di scacchi. Dopo qualche mese mi presentò un suo amico che viveva a 1000 km… e lo fece attraverso skype, ancora la rete che si proponeva come piazza, luogo d’incontro, iniziammo a parlarci, a vederci attraverso il PC e dopo qualche mese ci siamo, finalmente, conosciuti fisicamente. Da Messina, questo amico virtuale, prende un volo per Parma per passare il Natale con me. Ritornò nella sua Sicilia dopo quindici giorni per fare le valige e trasferirsi definitivamente a casa mia, e così sono diciotto mesi che conviviamo.

Sono fortemente convinta che la mia disabilità influisca sul mio rapporto, ma sono altrettanto convinta che l’amore, la passione, la stima siano molto più forti delle difficoltà legate alla fisicità, che non poter andare a correre insieme non influisca più di tanto in un rapporto vero. Un legame di coppia, tra normodotati o disabili, comunque ha bisogno di trovare i propri equilibri, i propri spazi, i propri modi per vivere insieme.

Il fatto realmente difficile al giorno d’oggi è incontrare uomini/donne che sappiano amare, capire, condividere, aiutare e faticare, si, in un rapporto comunque sia formato, per funzionare e proseguire nel tempo, ha bisogno di fatica e amore… questo è difficile.

Spero che questo possa esser d’aiuto nel vostro lavoro, che ho sempre apprezzato e quando ho potuto, condiviso.

Donne in cerchio

Edvige Invernici 

Partecipare ad un seminario in cui madri, figlie, sorelle, mogli e fidanzate di persone con disabilità confrontano le proprie esperienze e non essere madre, figlia, sorella, moglie o fidanzata di una persona con disabilità mi imbarazzava, ma il fascino dell’argomento vinceva ogni indugio.

E mi sono trovata nel cerchio chiuso da una splendida conduttrice.

La mia trentennale esperienza di donna che non ha vissuto direttamente la disabilità, ma ne ha condiviso momenti significativi nell’ambito della Uildm di Bergamo, evidenziava subito una enorme differenza fra le giovani donne della generazione passata e quelle che oggi hanno trenta o quarant’anni.

Quante madri hanno rinunciato al lavoro per accudire i propri congiunti con disabilità, quante sorelle hanno rinunciato a crearsi una famiglia per stare vicine ai propri fratelli disabili e quante donne disabili non hanno proseguito gli studi oltre la fascia dell’obbligo, hanno mortificato il desiderio d’affetto, amore, sesso per via della propria condizione … faticando a parlarne anche nel privato di una stanza e con un solo interlocutore. Posso assicurare di averne conosciute una cinquantina nel mio contesto di lavoro.

Nel cerchio c’erano donne disabili sposate, fidanzate, emancipate, aperte al dialogo …

Che meraviglia!

E che rimpianto per quante non hanno potuto godere delle opportunità che comunque la vita teneva in serbo per loro.

Non so se il cerchio del seminario di Lignano Sabbiadoro fosse “magico”. Non so se può diventare tanto grande da comprendere altre donne, tutte le donne. So per certo che quanto è stato raccontato dalle protagoniste possiede un valore inestimabile perché ha mostrato un cambiamento positivo e potrebbe diventare uno stimolo forte per quelle timorose o restie ad esprimere la propria personalità.

E gli uomini?

Bella la testimonianza di vita fra un giovane con disabilità e il proprio assistente: due vite completamente diverse che si sono intrecciate per esprimere, ciascuna, le proprie potenzialità, fatiche, assonanze e dissonanze.

Romantico il fidanzato che ogni fine settimana raggiunge la sua amata che vive a un bel po’ di chilometri di distanza: si sono conosciuti in Internet a si vogliono un bene dell’anima. Lei paventava il rientro per via del terremoto; lui condivideva gli accorgimenti ideati da lei per difendersene. Fuori dal cerchio abbiamo conversato sulla storia di un paese tormentato dal Pierin, il piccolo aereo che in tempo di guerra disseminava la campagna di “penne” esplosive che ingannavano gli scolari tanto da raccoglierle perché sembravano la stilo della maestra e restare amputati. E poi il lavoro, il bisogno di rientrare per senso del dovere a scapito di ogni paura … E dov’è la disabilità in tutto questo?

Dolce la signora che ha scoperto la disabilità in età matura, ma non se ne è lasciata sopraffare. Che è stata lasciata dal marito, ma che ora convive con il proprio compagno.

Intraprendente la giovane che gridava alla madre seduta di fronte, la sua voglia di indipendenza soprattutto da lei.

Serena la madre di un piccolo affetto da distrofia muscolare di Duchenne che dichiarava di vivere il presente senza crearsi aspettative alte, ma non smettendo di sognare per lui, ampiamente condivisa dal marito: aspetti e sentimenti che hanno consolidato la coppia.

Ai miei tempi, questi erano sogni.

E se un seminario li ha tradotti in realtà, vuol dire che ci voleva, che le cose sono cambiate e bisogna farlo sapere. A tutti.

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