Il diritto di essere rappresentate

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Il nuovo spot della Lines, noto brand di prodotti dedicati alle donne, ha affidato all’immagine di Emma Marrone il suo messaggio contro stereotipi e discriminazioni di genere. Lo slogan “E’ ora di fare un passo avanti”, elaborato dal pubblicitario Armando Testa, lancia un messaggio chiaro contro i luoghi comuni, le immagini limitanti e tutti gli ostacoli che impediscono alle donne di essere viste nella loro complessità. La protagonista marcia sicura, accompagnata da un gruppo di donne, mentre intorno a loro scorrono degli specchi sui quali sono scritte frasi stereotipate e violente, che ne offuscano il riflesso. La campagna viene diffusa attraverso tv, digital e social e l’eco del suo messaggio ha raggiunto il pubblico con grande interesse.

Noi del Gruppo Donne UILDM, però, abbiamo l’abitudine di osservare la realtà con occhi che vanno ancora più a fondo e abbiamo accolto con piacere il contributo di Chiara Sommi, giovane donna con disabilità, studentessa in lingue e traduttrice sullo spot in questione e sul bisogno di una reale comunicazione inclusiva, che non lasci indietro nessuna di noi. 

 

Il diritto di essere rappresentate

di Chiara Sommi   

Oggi parliamo di rappresentazione nell'ambito della comunicazione pubblicitaria, ma più in generale dei mass media come la TV.

Ogni campagna pubblicitaria parte da un'idea di fondo atta a soddisfare un bisogno latente manifestatosi nel mercato, l'insight, in gergo tecnico.

Dopo aver formulato questa idea la coppia creativa, formata dall'art director il/la/l@ quale si occupa della parte visiva di una pubblicità, la parte di filming che vediamo scorrere, e il/la/l@ copywriter, che invece gestisce la parte più meramente testuale di uno spot, payoff compreso, cioè quella scritta a caratteri cubitali che racchiude l'intenzione del marchio e punta a fare breccia nel cuore del target, la cerchia di consumatori o consumatrici, in questo specifico caso, per il quale il prodotto o il servizio promosso è stato pensato.

Poi si sceglie il/la testimonial, persona che incarna i valori del brand e che quindi lo può rappresentare, Emma Marrone qui.

Tutto questo preambolo nozionistico perché 1) si avvicina la sessione invernale e un ripasso di comunicazione aziendale è sempre utile 2) perché una pubblicità, come ogni prodotto culturale, risente della mentalità e della cultura, ovviamente, del periodo storico in cui si inserisce.

La vedete quella ripresa a grandangolo finale con tutte quelle meravigliose donne che marciano unite verso la destigmatizzazione del tabù del ciclo mestruale come una cosa da nascondere perché brutta e sporca? Inclusiva, no? Ci sono tutte le minoranze ben rappresentate, tutti i gruppi marginalizzati, giusto?

Aspettate, ma io sono una ragazza con una disabilità fisica, voi mi vedete? Manco io.

Nel senso che manca una persona che mi rappresenti visivamente in quella marcia e che manco io mi vedo, popo non ce sto lì dentro. E dispiace parecchio, fa un male cane, perché la mancanza di rappresentazione nei prodotti culturali significa annullamento nella vita reale, come dice Marina Pierri nel suo libro "Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a fiorire" (ed. Tlon, 2020) . Se le due figure sopraccitate avessero davvero compreso l'importanza di un payoff del calibro di  ”È ora di fare un passo avanti contro ogni discriminazione", questo errore non si sarebbe fatto.

È giusto che io venga rappresentata come donna in primis, perché il ciclo ce l'ho pure io, ergo, pure io sarei una potenziale acquirente. Bisogna uscire dal seminato della narrazione della disabilità fine a se stessa, non siamo solo la nostra condizione. Abbiamo il diritto di vederci narrate, uso il femminile con cognizione di causa, non come degli angeli mandati dal Signore a purificare il mondo e ad impietosire in programmi che non sanno uscire dalla retorica della pornografia del dolore. Fateci fare un passo avanti, ma davvero. Metteteci in condizione di poter dirigere noi una pubblicità del genere. Vogliamo essere socialmente validate, e non ci toglierete questo diritto perché siamo ben in grado di prenderci il posto che meritiamo. E allora, solo allora, una ragazza sorriderà mentre guarda la televisione.

Ritratto di gruppodonneuildm

gruppodonne